domenica 3 ottobre 2010

Ai figli delle famiglie unite


Essere figli di genitori separati è una cosa da adulti. E non si è mai pronti ad esserlo.

Inanzitutto bisogna affrontare il periodo di passaggio dall'unità familiare alla disgregazione. In questo i genitori non sono mai decisi: vado, poi torno. Vado ma solo tre sere alla settimana. Non vado! Massì vado. Vado ma voglio bene all'altro genitore (madre o padre che sia).

La cosa assurda sono poi le riunioni di famiglia in cui sono gli adulti a chiedere ai propri figli se devono lasciarsi. Ne ho sentite tante di storie così. E non riesco ad immaginare che risposta possano desiderare dai propri figli esasperati dall'indecisione.

Uno dei compiti dei figli è quello di consolare i genitori. Se i genitori non hanno il coraggio di chiedere di essere consolati allora fanno diventare i figli la loro consolazione. Quindi i figli sono moralmente obbligati ad andare bene a scuola. A non dare problemi. Ad essere indipendenti. E forti.

Un'altro compito dei figli è quello di imparare molto velocemente a diventare mediatori. Quello che i genitori dicono va smussato e rivisto sotto la lente dell'imparzialità. Alle domande rigurdanti l'altro genitore vanno date risposte ben elaborate, vaghe, pacate e che contengano mezze verità. Un apertura completa non è possibile. E non è credibile. Bisogna imparare a mantenere i segreti, soprattutto quelli che non si vorrebbero sapere.

Col tempo poi si inizia a provare invidia e nostalgia nel sentire gli amici che cenano o vanno in vacanza coi genitori. Che a Natale hanno una famiglia e non due. E anche al compleanno. E in un sacco di altre cose.

Ai figli dei divorziati resta infine la domanda più difficile: è possibile costruire una famiglia se non se ne ha un esempio concreto (e solido) vicino? Si può imparare realmente dagli errori altrui?

Vorrei dire a tutti quelli che hanno la fortuna di avere una famiglia unita, di rendersi conto della fortuna che hanno.